La non depenalizzazione del reato di clandestinità è incostituzionale? Vediamo cosa dice la legge
La Corte Costituzionale ha emesso una sentenza importante, la n. 88, il 13 maggio 2024, riguardo alla depenalizzazione del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio italiano.
La questione era stata sollevata dal Tribunale di Firenze, che sosteneva che questa norma violava l’articolo 76 della Costituzione. Secondo il Tribunale, la legge n. 67 del 2014 aveva delegato al Governo il compito di depenalizzare i reati puniti con sanzioni pecuniarie, includendo anche il reato di ingresso e soggiorno illegale, punito solo con l’ammenda.
La Corte Costituzionale ha respinto questa interpretazione, chiarendo con precisione alcuni punti fondamentali. Innanzitutto, la legge delega utilizzava due criteri per selezionare i reati da depenalizzare: la “depenalizzazione cieca” e la “depenalizzazione nominativa“, vediamo di cosa si tratta.
La prima trasformava in illeciti amministrativi tutti i reati puniti con sanzioni pecuniarie, ad eccezione di quelli legati a specifiche materie. La seconda, invece, indicava espressamente alcuni reati specifici da depenalizzare.
Il reato di ingresso e soggiorno illegale rientra tra quelli espressamente esclusi dalla depenalizzazione
Pertanto, l’articolo 1, comma 4, del decreto legislativo n. 8 del 2016, che mantiene la punibilità di questo reato, non è in contrasto con il principio della “depenalizzazione cieca”.
In pratica, questo significa che il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato rimane punibile penalmente, nonostante la legge delega abbia previsto la depenalizzazione di altri reati puniti con la sola pena pecuniaria.
La Corte ha sottolineato che il criterio della “depenalizzazione cieca” non si applica automaticamente a tutti i reati puniti con sanzioni pecuniarie. Ci sono eccezioni, come il reato di ingresso e soggiorno illegale, che per ragioni specifiche non rientrano nel processo di depenalizzazione.
Quindi, la disposizione dell’articolo 1, comma 4, del d.lgs. n. 8 del 2016, è conforme alla legge delega.
La Corte Costituzionale ha quindi confermato che il mantenimento della punibilità penale per il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio italiano non viola la legge n. 67 del 2014 e il principio della “depenalizzazione cieca”.
Questa sentenza chiarisce ulteriormente come vengono applicati i criteri di depenalizzazione e quali reati rimangono esclusi da questo processo, garantendo una corretta interpretazione delle norme in materia di immigrazione
Immigrazione clandestina, molte promesse passate di depenalizzazione
Nonostante per il reato di immigrazione clandestina che, da reato penale, doveva diventare illecito amministrativo : la depenalizzazione del reato di clandestinità non è nel Consiglio dei Ministri e non lo sarà in futuro.
Il precedente Presidente del Consiglio dei Ministri aveva detto che «non serve la demagogia ma nemmeno il buonismo: chi sbaglia deve andare via.
Secondo gli esperti il reato non serve e intasa i tribunali, ma è vero che c’è una percezione di insicurezza da parte dei cittadini, perciò il percorso di cambiamento delle regole sarà fatto senza fretta».
Con queste parole ha sostanzialmente confermato come rimanga ferma l’intenzione, per il Governo, di depenalizzare il reato di clandestinità, introdotto dal governo Berlusconi, come peraltro già anticipato da una precedente audizione – datata 8 luglio 2015 – del ministro della Giustizia Andrea Orlando alla Commissione Affari Costituzionali al Senato, il quale comunicava che il Governo aveva ultimato i lavori di redazione del decreto che ottempererà alle indicazioni ricevute l’anno scorso dal Parlamento, allorquando delegò al Governo di “abrogare, trasformandolo in illecito amministrativo, il reato previsto dall’articolo 10-bis” del Testo Unico sull’Immigrazione.
La discussione verteva dunque sul come comunicare la depenalizzazione del reato di clandestinità ai cittadini e non sulla decisione politica di eliminare tale reato.
Era quindi solo questione di tempo : presto sarà realtà la depenalizzazione del reato di ingresso e soggiorno nel territorio dello Stato di cui spesso si è parlato sino ad oggi.
Il reato di immigrazione clandestina
Facendo un breve excursus storico, il reato di immigrazione clandestina, dopo essere stato introdotto nel 2009 nell’ordinamento italiano, si è manifestato come un fallimento, avendo intasato le Procure di procedimenti giudiziali di poco conto e avendo così distolto risorse dalla lotta alla criminalità organizzata che gestisce i traffici di persone.
Come dicevamo in apertura, il precedente Governo stava redigendo un decreto che non annullava completamente l’immigrazione clandestina, che rimarrà vietata, ma la depenalizzerà trasformandola in illecito amministrativo: chi entrava clandestinamente in Italia avrebbe dunque l’espulsione, ma non dovendo prima subire un procedimento penale.
Chiaramente a essere depenalizzata sarà solamente il primo ingresso in Italia : successivi ingressi clandestini, così come disobbedire al foglio di via, o disobbedire all’ordine di consegna del passaporto o all’obbligo di firma in Questura rimangono reati penali.
La depenalizzazione beneficerà fin da subito le Procure, che potranno archiviare tutte le procedure in corso relative a tale reato e beneficerà anche la popolazione carceraria, considerato che chi si trova recluso o sottoposto a differenti misure a causa di questo reato potrà essere liberato ed espulso dall’Italia.
È stato il Guardasigilli stesso a riconoscere, nel corso dell’audizione del passato Luglio 2015, che “l’abrogazione del reato di immigrazione clandestina non solo comporterà un risparmio di risorse, giudiziarie e amministrative“, ma avrà anche “effetti positivi per l’efficacia delle indagini in materia di favoreggiamento all’immigrazione clandestina e traffico di migranti“.
L’attuale articolo 10 bis del testo unico immigrazione Decreto legislativo, testo coordinato, 25/07/1998 n. 286
Art. 10-bis Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del presente testo unico nonchè di quelle di cui all’articolo 1 della legge 28 maggio 2007, n. 68, è punito con l’ammenda da 5.000 a 10.000 euro. Al reato di cui al presente comma non si applica l’articolo 162 del codice penale.
Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano allo straniero destinatario del provvedimento di respingimento ai sensi dell’articolo 10, comma 1 ovvero allo straniero identificato durante i controlli della polizia di frontiera, in uscita dal territorio nazionale.
Al procedimento penale per il reato di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui agli articoli 20-bis, 20-ter e 32-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274.
Ai fini dell’esecuzione dell’espulsione dello straniero denunciato ai sensi del comma 1 non è richiesto il rilascio del nulla osta di cui all’articolo 13, comma 3, da parte dell’autorità giudiziaria competente all’accertamento del medesimo reato.
Il questore comunica l’avvenuta esecuzione dell’espulsione ovvero del respingimento di cui all’articolo 10, comma 2, all’autorità giudiziaria competente all’accertamento del reato.
Il giudice, acquisita la notizia dell’esecuzione dell’espulsione o del respingimento ai sensi dell’articolo 10, comma 2, pronuncia sentenza di non luogo a procedere.
Se lo straniero rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dall’articolo 13, comma 14, si applica l’articolo 345 del codice di procedura penale.
Nel caso di presentazione di una domanda di protezione internazionale di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, il procedimento è sospeso.
Acquisita la comunicazione del riconoscimento della protezione internazionale di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ovvero del rilascio del permesso di soggiorno nelle ipotesi di cui all’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, nonché nelle ipotesi di cui agli articoli 18, 18-bis, 20-bis, 22, comma 12-quater, 42-bis del presente testo unico e nelle ipotesi di cui all’articolo 10 della legge 7 aprile 2017, n. 47, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere.
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