Ecco il Decreto Flussi, Perù Bangladesh e Albania nella bozza

La bozza sul decreto flussi dal Ministro dell’Interno

Decreto flussi 2023: cosa cambia e le novità

Novità in arrivo per il decreto flussi 2023, la normativa annuale che, come noto, stabilisce le quote massime di stranieri che possono accedere legalmente in Italia.

Il decreto in questione, più nello specifico, si occupa di regolare l’entrata in Italia di cittadini extracomunitari, per permessi di lavoro subordinato (anche lavoro stagionale) o per permessi di lavoro autonomo.

Col nuovo governo era prevedibile un certo cambio di rotta anche in merito all’impostazione del decreto flussi 2023, che secondo la premier Giorgia Meloni va impostato secondo un approccio che sia ‘serio’ e ‘costruttivo’.

Come riportato anche dal quotidiano Avvenire, la bozza del Decreto Flussi (composta da 9 articoli) chiarisce quali sono i cambiamenti introdotti dal governo Meloni.

In primis c’è da sottolineare il fatto che rispetto al Decreto Flussi dello scorso anno, quando gli ingressi complessivi furono 69.700, per il 2023 sono previsti tredicimila ingressi in più, per un totale di 82.705 unità.

Inoltre, come precisato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, in un’informativa sul provvedimento al Consiglio dei Ministri, sono stati anche aumentati i settori economici di destinazione dei lavoratori.

Per quanto riguarda i settori agricolo e turistico-alberghiero, il Decreto Flussi 2022 garantisce l’ingresso di 44.000 lavoratori stagionali; per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo sono previste invece 38.705 quote che riguardano i cittadini non comunitari; di questi, 30.105 potranno essere impiegati nei settori dell’autotrasporto merci, dell’edilizia, turistico-alberghiero, della meccanica, delle telecomunicazioni, dell’alimentare e della cantieristica navale.

Tra questi, 24.105 lavoratori subordinati non stagionali potranno provenire da una lista che comprende 33 Paesi: sono presenti nell’elenco l’Albania, il Perù, la Nigeria, il Bangladesh, l’Ucraina e molti altri ancora.

Altri 6.000 ingressi proverranno invece da Paesi con i quali nel 2023 l’Italia stabilirà accordi di cooperazione in materia migratoria.

La bozza del decreto 2023, composta da 9 articoli, potrebbe essere pubblicata in Gazzetta Ufficiale in questi giorni.

In ogni caso, il decreto flussi 2023 dovrebbe prevedere, secondo le anticipazioni che stanno filtrando, 82.705 unità in ingresso: alcune quote del decreto flussi sono riservate ai lavoratori di nazioni con le quali l’Italia ha all’attivo accordi di cooperazione in materia di immigrazione. Altre quote sono dedicate ai lavoratori stranieri che hanno eseguito programmi di formazione nel loro Paese.

Il decreto flussi prevede quindi 13mila ingressi in più rispetto a quanto fatto dal decreto del 2022 (di Mario Draghi).

Le ulteriori specifiche, come abbiamo detto, sono relative alle quote riservate a determinati Paesi (specialmente per i settori turistici e quelli alberghieri) dove saranno destinate 44mila persone; per lavoro subordinato non stagionale e per il lavoro autonomo, sono riservate 38.705 quote, di cui 30.105 nei settori edilizi, telecomunicazione, alimentari, nei cantieri navali, nel settore alberghiero ed in quello turistico.

Sono poi indicati, più specificamente, quali sono le Nazioni dalle quali dovranno provenire i lavoratori subordinati non stagionali.

Infine, c’è anche una quota riservata ai lavoratori di origine italiana che arrivano dal Venezuela: saranno 100.

La novità principale di questo decreto flussi

Ma la novità principale, come accennato, è proprio quella relativa al fatto che l’arrivo di un lavoratore dall’estero è condizionato alla presenza di un lavoratore omologo in Italia.

Per farla breve, il Decreto Flussi 2022 va a riprendere l’articolo 22 comma 2 del Testo Unico sull’Immigrazione, che “prevede per il datore di lavoro che voglia assumere dall’estero un cittadino non comunitario, di verificare presso il centro per l’impiego competente, l’indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale a ricoprire il posto di lavoro per il profilo richiesto”.

Per procedere all’accertamento, come precisato dal governo, ci si può affidare alle modalità contenute in una nota operativa predisposta dall’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro (Anpal). La stessa Anpal ha già fatto sapere che verrà presto messo a disposizione un modello di richiesta di personale al Centro per l’impiego da parte del datore di lavoro, “al fine di garantire un’applicazione uniforme in tutta Italia”.

Il datore di lavoro inoltra la richiesta di personale: se entro 15 giorni il Centro per l’impiego interpellato non fornisce alcuna risposta sulla presenza di uno o più lavoratori che rispondano alle caratteristiche richieste dal datore di lavoro, scatta l’indisponibilità che di fatto apre le porte all’ingresso del lavoratore straniero.

L’indisponibilità si verifica anche quando il lavoratore eventualmente individuato dal Centro per l’impiego interpellato si riveli “non idoneo” a svolgere la mansione richiesta o se entro 20 giorni dalla richiesta lo stesso non si rechi, senza giustificazione, al colloquio di selezione.

L’art. 22 comma 2 del TU immigrazione: cosa prevede

Il decreto flussi rispolvera, per quest’anno, una normativa già presente nell’ordinamento italiano ma evidentemente poco tenuta in considerazione dai precedenti decreti.

Si tratta dell’art. 22 comma 2 del testo unico sull’immigrazione, che prevede che il datore di lavoro che voglia assumere un extra comunitario, quindi un soggetto dall’estero, prima di procedere all’assunzione dovrà verificare se non vi sia sul territorio nazionale un lavoratore disponibile e idoneo per coprire quel tipo di posto di lavoro.

Insomma, una norma che impedisce di andare a ricercare lavoratori all’estero quando in Italia sono presenti profili qualificati, evitando quindi di gonfiare le file di una già preoccupante disoccupazione.

Il meccanismo in questione non è ancora stato del tutto definito, ma dovrebbe funzionare in questo modo: entro 15 giorni dalla richiesta di personale che viene fatta dal datore di lavoro, se il centro dell’impiego non risponde, il datore di lavoro potrà procedere all’assunzione dello straniero; oppure, procede all’assunzione se il lavoratore non si presenta al colloquio di lavoro.

Le associazioni come Coldiretti hanno espresso dubbi su questo meccanismo che richiede un controllo sulla presenza di un lavoratore in cerca di lavoro sul territorio nazionale: tuttavia, come già detto, si tratta di una norma del Testo Unico Immigrazione e non certo di una trovata dell’esecutivo.

Sintesi a cura dello Studio

avvocato imperia sanremo, studio legale
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    1 Comment on "Ecco il Decreto Flussi, Perù Bangladesh e Albania nella bozza"

    1. Buongiorno.volevo chiedere per fare venire dal Perú mía Sorella col decreto flussi.voi fate questo lavoro? Quanto si deve pagare?

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