ONG, traffico di migranti e il codice di comportamento

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Indagine delle procure sulle Ong e traffici di migranti

Mentre continuano le indagini di tre procure sulle presunte collusioni tra scafisti e Ong, spuntano sospetti sulle tattiche utilizzate dalle organizzazioni criminali per i viaggi della speranza

É il tema caldo del momento, quella delle presunte collusioni tra i trafficanti di migranti e alcune Ong che operano nel Mare Mediterraneo e sulle rotte solitamente seguite dagli scafisti per portare soccorso a chi sia in balia del mare.

Una connessione sulla quale stanno indagando ben tre procure italiane (Palermo, Catania e Cagliari) e che potrebbe far emergere risvolti clamorosi.

Uno dei timori maggiori da parte degli inquirenti, ma anche del governo, è che la scelta delle rotte che i trafficanti di migranti scelgono per dirigersi verso il nostro paese non sia frutto del caso perché comunque sarebbe più facile e più diretto raggiungere altre coste.

E soprattutto c’è il rischio che in mezzo ai migranti realmente disperati si mescolino terroristi di matrice islamica non necessariamente diretti in Italia come loro meta finale.

Ecco perché a vigilare in maniera capillare saranno anche dieci motovedette che l’Italia ha in programma di consegnare alla Guardia Costiera libica: due sono appena entrate in servizio, le altre saranno in servizio al massimo entro maggio e avranno un doppio compito, quello di vigilare sugli sbarchi degli immigrati (immigrazione clandestina) ma anche sull’operato dei mezzi delle Organizzazioni non governative.

Come riferisce il quotidiano ‘La Stampa’, il fenomeno sta diventando realmente preoccupante. Un investigatore che vuole rimanere anonimo e che lavora soprattutto sulle coste siciliane racconta che esistono decina di foto attestanti la nuova tecnica adottata dai trafficanti di uomini: caricano i miranti su gommoni in grado di resistere alle intemperie e li dirigono in mare aperto fino a quando in lontananza non si vedono i mezzi delle Ong oppure dell’esercito preposti ai soccorsi.

A quel punto li abbandonano, certi che in qualche modo i gommoni o i barchini possano raggiungere una zona sicura e farsi salvare, anche se i mezzi di soccorso comunque non possono superare i limiti delle acque territoriali.

Carmelo Zuccaro, procuratore di Catania, illustra i dubbi degli inquirenti: mentre tutti sono certi sul ruolo delle navi militari, non così è per quelle di alcune Ong che sono spesso troppo vicine alle acque libiche, più di quello che sarebbe permesso e c’è il sospetto che ci siano contatti diretti con alcuni trafficanti libici anche se nessuno, nemmeno in procura, mette in dubbio il valore di quello che insieme le Organizzazioni non governative e i militari svolgono.

Migranti, non tutte le Ong firmano il Codice di comportamento

Non tutte le Ong che operano nel Mediterraneo accettano le nuove regole imposte dal ministero dell’Interno a cominciare dal trasbordo dei migranti e dalla presenza della polizia

Nessuno mette in dubbio il contributo delle Ong nel soccorso alle migliaia di migranti che ogni giorni viaggiano nel Mediterraneo soprattutto in direzione Italia, ma il tempo sta scadendo. Oggi, 31 luglio 2017, infatti è l’ultimo giorno utile perchè i rappresentanti della Organizzazioni Non Governative firmino al Viminale il Codice di comportamento in mare anche se alcune hanno già preannunciato di non volerlo fare.

É il caso ad esempio della spagnola Proactiva Open Arms che, come le altre non sottoscrittrici, dal 1° agosto potrebbe incorrere nelle misure previste dal Ministero dell’Interno. Il codice è frutto delle riunioni intercorse nelle ultime settimane che però non hanno contribuito a cancellare tutti i dubbi, tanto che diverse Ong contestano alcuni punti saldi come l’impegno ad accogliere a bordo la polizia giudiziaria oltre che evitare il trasbordo di migranti su altre navi.

La versione definitiva del Codice è stata comunque redatta tre giorni fa dai tecnici del Viminale che hanno accolto alcune richieste presentate dalle Organizzazioni. Tra queste l’impegno a non trasferire i migranti soccorsi su altre navi “eccetto in caso di richiesta – come si legge nel documento – del competente Centro di coordinamento per il soccorso marittimo e sotto il suo coordinamento, basato anche sull’informazione fornita dal capitano della nave”.

Quanto alla presenza della polizia a bordo, sarà prevista secondo l’ultima versione del testo solo per un periodo strettamente mecessario, ma gli uomini in divisa saranno comunque armati.

Un compromesso che non soddisfa però tutti. Sea Watch, organizzazione tedesca, ha già preannunciato che presto arriverà nel Mediterraneo un’altra delle sue navi e considera illegale il documento del nostro Ministero perché otterrà l’effetto opposto rispetto a quello di salvare vite umane. Quest’anno ci sono stati più di duemila morti e invece delle regole servirebbe potenziare il soccorso.

Ma Marco Minniti, il nostro ministro dell’Interno, tira dritto e vuole far entrare immediatamente in vigore il Codice, quindi chi non firma sarà fuorilegge anche perchè si calcola che oltre il 40% dei migranti che vengono salvati sbarcano in Italia su navi delle Ong e l’obiettivo attuale è far intervenire nelle acque territoriali la Guardia costiera libica supportata dagli missione navale che l’Italia sta per varare per riportare i migranti sulle coste del Paese nordafricano.

E il premier libico Fayez al Serraj conferma di aver chiesto all’Italia supporto logistico oltre che programmi di formazione della Guardia costiera e di frontiera, ma anche attrezzature e armi moderne per le forze armate per salvare la vita ai migranti e per affrontare i trafficanti di esseri umani.

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