Ottenere subito il permesso di soggiorno per sanatoria

Come chiedere al Tribunale amministrativo il rilascio del permesso di soggiorno dell’emersione 2020

La Sanatoria dello straniero deve concludersi dopo 180 giorni dall’invio della domanda

Il termine entro il quale concludere un procedimento amministrativo relativo all’immigrazione (nel caso di specie, procedimento di emersione del lavoro irregolare) è 180 giorni dal momento in cui la domanda è stata effettuata.

Oltre questo termine, è possibile per il richiedente optare per la procedura del silenzio a causa del superamento del termine da parte della P.A.

La sentenza 3578 di maggio 2022 della III sezione del Consiglio di Stato, confermando la sentenza del TAR della Lombardia, ha detto proprio questo: se la pubblica amministrazione resta inerte per più di 180 giorni, il richiedente ha diritto di presentare ricorso ai sensi dell’art. 117 del codice di procedura amministrativa per ottenere il procedimento di emersione.

Come ha ottenuto subito il permesso dal tribunale? La vicenda

Per capire meglio la sentenza e le sue motivazioni, bisogna fare un passo indietro alla vicenda concreta.

Quello che è avvenuto è che nel giugno del 2020 un datore di lavoro aveva presentato la domanda per emersione di rapporto di lavoro irregolare.

Si tratta come sappiamo di un istituto, disciplinato ai sensi dell’art. 103 del d.l. 34/2020, posto a sanatoria del fenomeno di lavoro di stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale. In parole povere si fa presente all’autorità la presenza di un rapporto di lavoro con cittadini extracomunitari che non sono in regola col permesso di soggiorno.

La domanda andava presentata direttamente da datori di lavoro, italiani, comunitari o extracomunitari con permesso CE di lungo periodo o ancora stranieri ma con carta di soggiorno perché familiari di cittadini comunitari, e permette di regolarizzare il lavoratore straniero illegalmente presente sul territorio.

Questo istituto nasce appunto per cercare di porre un freno al fenomeno, ancora molto diffuso, degli stranieri irregolari che sono occupati in Italia.

Comunque sia, il datore di lavoro in questione aveva presentato la domanda e non aveva ottenuto risposta dopo 12 mesi: sicché, appunto, aveva presentato ricorso al TAR, sostenendo che l’amministrazione doveva dare risposta al procedimento amministrativo nei termini di cui all’art. 2 comma 2 della legge 241 del 1990 (che prevede dei termini di 30 giorni per la conclusione del procedimento amministrativo; al suo comma 3, l’articolo prevede anche termini derogatori, e il comma 4 prevede il termine di 180 giorni per i procedimenti che riguardano l’immigrazione e per quelli di acquisto della cittadinanza italiana).

Il TAR Lombardia aveva in effetti dato ragione all’imprenditore, con una sentenza di primo grado. Il Ministero aveva impugnato la sentenza del TAR, e in particolare l’impugnazione era motivata, secondo il Ministero, dal fatto che l’orientamento del Consiglio di Stato (sempre ai sensi del 2 articolo della legge 241/90) fosse quello che la materia dell’emersione del lavoro irregolare non fosse ricompreso nel sistema dei termini previsti per i procedimenti amministrativi.

In parole povere, secondo il Ministero questo particolare procedimento non sarebbe stato soggetto ai termini del procedimento amministrativo così come disciplinato dalla sua legge, secondo l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato.

Dato che la normativa che istituisce il procedimento di emersione non prevede nessun termine, il cittadino e il Ministero si scontrano appunto su quale sia il termine entro il quale la pubblica amministrazione deve dare risposta nel procedimento di emersione.

La sentenza del TAR e quella del Consiglio di Stato

Come abbiamo visto, il TAR Lombardia ha dato ragione al cittadino in primo grado: in mancanza di una previsione speciale della norma, secondo il TAR, i termini sono quelli dell’art. 2 comma 2 ss. previsti dalla legge 241/90.

Il Consiglio di Stato, di fronte al quale il Ministero ha fatto ricorso, non concorda del tutto con il TAR; in particolare, il Consiglio, richiamandosi alle sue sentenze, sostiene che “l’esclusione della materia dell’immigrazione, di cui all’ultimo periodo dell’articolo 2 comma 4, della legge n. 241/90 riguarda l’intero sistema dei termini per il procedimento amministrativo prevista dai tre commi e a maggior ragione il termine più breve (ovvero 30 giorni) previsto dal comma 2”.

Dopo 180 giorni dalla domanda di emersione si ha diritto alla conclusione del procedimento

Il Consiglio di Stato sostiene che per i provvedimenti in materia di immigrazione, per la loro complessità intrinseca, e per il numero molto alto di istanze proposte che richiede tempi maggiori, hanno una durata ordinaria più lunga (appunto, i 180 giorni richiamati dall’art. 2 comma 4 della legge 241/90).

Secondo il Consiglio di Stato è possibile desumere in via interpretativa quale sia il termine applicabile ai procedimenti amministrativi in materia di immigrazione e si tratterebbe appunto dei 180 giorni, come limite ordinario per questo tipo di procedimenti.

Se ne desume che se la soglia di tolleranza per la durata dei procedimenti amministrativi in materia di immigrazione si staglia attorno ai 180 giorni, questa deve essere considerata appunto come la durata tipica, oltre il quale la P.A. ha semplicemente superato i termini.

Infine, secondo il Consiglio di Stato, se ne desume che una volta superato questo termine, lo straniero emerso ha diritto ad agire (legittimazione ad agire, per usare termini di procedura amministrativa) con la procedura del silenzio per ottenere la conclusione del procedimento di emersione.

Aggiornamento legale a cura dello Studio Legale

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