Circolari Salvini sul permesso di soggiorno per protezione umanitaria
Stretta sui permessi di soggiorno per motivi umanitari e una richiesta di velocizzazione per l’esame delle richieste.
Questi sono, in sintesi, i temi fondamentali contenuti all’interno della circolare inviata da Matteo Salvini – ministro dell’interno – ai prefetti ed ai presidenti delle Commissioni per il riconoscimento della protezione internazionale.
Non si tratta, come scritto su alcuni giornali, di una “stretta” o di “un giro di vite”, posto che la circolare non ha certo efficacia di legge e non va a cambiare assolutamente le condizioni per essere riconosciuti profughi.
Lo stimolo è quello, si spiega dal Viminale, di velocizzare l’esame delle istanze e di stimolare ad un’interpretazione chiara ed uniforme delle norme per l’accoglienza su tutto il territorio, senza “buchi” o lacune.
I permessi di soggiorno per motivi umanitari sono permessi della durata di due anni: la richiesta del Governo è che essi siano effettivamente concessi a coloro che si trovano in una situazione di “vulnerabilità degne di tutela” rispettando alla lettera la ratio dell’istituto.
Il contenuto della circolare del Viminale
La circolare del Ministro dell’Interno è rivolta ai Questori, al capo Dipartimento per le politiche del personale dell’amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie, al Capo del dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, al capo della polizia e direttore generale della pubblica sicurezza, oltre che ovviamente a prefetti, ai presidenti delle commissioni che si occupano del riconoscimento del diritto di asilo e delle commissioni per il riconoscimento della protezione internazionale.
Nella circolare il Ministro esprime la preoccupazione per il numero enorme di richieste di protezione internazionale, attualmente nel numero stimato di 136mila.
In primo luogo nella circolare si richiede di ridurre i tempi per l’esame delle istanze, giacché tempistiche troppo prolungate nel tempo possono essere lesive “dei diritti di chi fugge da terre e persecuzioni”, ed inoltre comportano oneri a carico dell’Erario.
Nella circolare si chiede che i 50 Collegi valutativi, per smaltire l’enorme cario, operino almeno “cinque giorni a settimana” come è specificato nella circolare.
Il personale verrà potenziato proprio per facilitare questo tipo di lavoro: dal 9 luglio, si legge in circolare, i 250 funzionari amministrativi che si stanno formando per il mestiere entreranno a far parte dei Collegi in modo da velocizzare il lavoro.
I permessi di soggiorno per motivi umanitari : i dati statistici
In Italia, si legge nella circolare, il permesso di soggiorno per motivi umanitari crea una certa confusione e soprattutto si presta ad abusi.
Negli ultimi cinque anni solamente il 7% degli stranieri è stato riconosciuto come rifugiato, il 15% ha ricevuto protezione sussidiaria e il 25% (salito al 28% quest’anno) il permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Proprio questo istituto sarebbe il vulnus della situazione, in quanto mentre in altri Stati membri dell’UE tale figura non esiste e l’accoglienza è sempre e solo subordinata a figure ben specifiche, in questo caso invece la norma è molto vada e i presupposti per il riconoscimento si sono estremamente ampliati, per effetto “di una copiosa giurisprudenza che ha orientato” l’attività delle Commissioni.
La circolare chiede quindi maggiore fermezza nella concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, concessi troppo semplicemente, per esempio per il solo fatto di aver soggiornato prolungatamene in Libia, per la minore età, per lo stato di salute o per la maternità.
La prassi ha comportato l’accesso di molte persone sul territorio che però, secondo le leggi europee in materia di asilo, non hanno i requisiti per la protezione internazionale e rimangono in Italia con difficoltà di inserimento perché raramente il permesso per motivi umanitari è convertito in permesso per motivi di lavoro.
Si invitano quindi i Collegi ad una valutazione più rigorosa delle istanze per la concessione della protezione, che dovrebbe essere riconosciuta per “seri motivi” anche stando all’ultima giurisprudenza della Cassazione civile, e non per mere “difficoltà”.
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