Sono passati due anni dalla sanatoria del 2020, posso lasciare l’Italia e ritornare per completare la procedura ?
La regolarizzazione degli stranieri del 2020, prevista dal Decreto Legge n.34/20 cosiddetto decreto “Rilancio” convertito dalla legge 17 luglio 2020 n.77, era diretta a far emergere dal lavoro irregolare: i braccianti agricoli, le collaboratrici familiari, colf e badanti, lavoratori della pesca e allevamento.
Tra le tante condizioni previste dall’emersione era espressamente previsto che “i cittadini stranieri non devono aver lasciato il territorio nazionale dalla data dell’8 marzo 2020”
L’art. 103, comma 1, del D.L. 34/2020 sul punto che interessa afferma: “ …A tal fine, i cittadini stranieri devono essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell’8 marzo 2020 ovvero devono aver soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data, in forza della dichiarazione di presenza, resa ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68 o di attestazioni costituite da documentazione di data certa proveniente da organismi pubblici; in entrambi i casi, i cittadini stranieri non devono aver lasciato il territorio nazionale dall’8 marzo 2020…”.
Nelle successive disposizioni applicative adottate dal Ministero dell’Interno il requisito della presenza sul Territorio Nazionale prima dell’8 marzo 2020 viene sempre confermato, così come il requisito di non aver lasciato l’Italia.
Tale disposto è stato quindi interpretato dalle Prefetture e dal Ministero nel senso univoco che per completare positivamente la regolarizzazione dello Straniero era necessario anche la presenza continua in Italia dall’8 marzo 2020 fino all’appuntamento in Prefettura per la stipula del contratto di soggiorno.
Per dimostrare la presenza era necessario avere in mano alternativamente: certificazione medica proveniente da struttura pubblica, certificato di iscrizione scolastica dei figli, tessere nominative dei mezzi pubblici, certificazioni provenienti da forze di polizia, titolarità di schede telefoniche o contratti con operatori italiani, documentazione relativa a servizi erogati da Poste Italiane S.p.A. al soggetto interessato come ad esempio apertura libretti di risparmio, richiesta di rilascio Postepay, ricevute nominative di invio o ricevimento di denaro effettuato attraverso istituti bancari e/o agenzie di Money transfer; documentazione proveniente da centri di accoglienza e/ o di ricovero autorizzati anche religiosi, le attestazioni rilasciate dalle rappresentanze diplomatiche o consolari in Italia, i biglietti di vettori aerei e marittimi nominativi utilizzati per l’ingresso nello Stato, anche nel caso in cui il vettore abbia coperto tratte infra Schengen.
Apertura della giurisprudenza dei Tribunali Amministrativi
Il tribunale amministrativo delle Marche, sez. I, 11 aprile 2022, n. 239 ha aperto alla possibilità di recarsi all’estero per brevi periodi e per comprovati motivi.
Secondo il TAR Marche “Va annullato il provvedimento che nega l’accesso alla procedura di emersione ex art. 103 d.l. n. 34/2020 al cittadino straniero che, nel luglio 2020 e successivamente alla presentazione dell’istanza, ha fatto ritorno per 12 giorni nel Paese di origine [Albania] per un comprovato motivo [ottenere il rinnovo del passaporto in temi sensibilmente più brevi rispetto a quelli prevedibili ove la richiesta fosse stata inoltrata tramite Consolato].
Infatti, in base a un principio generale del diritto amministrativo, i requisiti previsti dalla legge per l’accesso del cittadino a un determinato beneficio debbono sussistere alla data prevista dalla norma o dalla lex specialis, salvo che non sia previsto il mantenimento di tali requisiti per un determinato periodo ulteriore.
Nel prescrivere il divieto di lasciare il territorio italiano “dall’8 marzo 2020”, l’art. 103, co. 1, d.l. cit. non utilizza l’avverbio “mai”, cosicché anche se esistessero decreti attuativi o circolari ministeriali che prevedano la predetta locuzione con riferimento alla disposizione citata, gli stessi andrebbero disapplicati dal giudice.
Non può inoltre ritenersi che, a fronte della prevedibile dilatazione dei tempi di smaltimento delle istanze di emersione, agli interessati sia inibita sine die la possibilità di lasciare l’Italia anche in presenza di valide o urgenti ragioni, cosicché anche tale divieto va ancorato a una data certa, che non può che essere quella di presentazione della domanda di emersione, senza che ciò possa comportare il rischio di abusi.
Né si può obiettare che in tal modo si sarebbe aperto le porte a dichiarazioni fittizie presentate in favore di soggetti che hanno soggiornato in Italia solo per pochi giorni e unicamente al fine di conseguire il titolo di soggiorno.
Non va infatti dimenticato che la favorevole conclusione della procedura di emersione presuppone la presentazione congiunta del datore di lavoro e del lavoratore presso il S.U.I. per la sottoscrizione del contratto di soggiorno e il successivo inoltro della pratica alla Questura per il rilascio del permesso di soggiorno.
E’ pertanto del tutto evidente che se il lavoratore, pur soggiornante sul T.N. prima dell’8 marzo 2020, non si presenta presso il S.U.I. il procedimento si conclude con il rigetto della domanda, così come è evidente che lo Sportello Unico può desumere la fittizietà del rapporto di lavoro anche dalla circostanza per cui il lavoratore si è allontanato dal T.N. subito dopo la presentazione della domanda, per farvi rientro solo al momento della convocazione presso il S.U.I
Aggiornamento a cura dello Studio Legale
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