Il bilanciamento tra capacità a delinquere e diritti fondamentali nell’espulsione dello straniero
Il principio del rispetto della vita privata e familiare è inviolabile in ogni sua parte. L’espulsione di uno straniero irregolare dal territorio nazionale deve essere disposta nel rispetto dei suoi diritti fondamentali, tra cui il diritto alla salute e alla vita privata e familiare.
Questo principio è stato recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 7254 del 20 febbraio 2025, la quale ha evidenziato un vero e proprio bisogno di bilanciamento tra l’interesse generale alla sicurezza pubblica e la tutela delle relazioni familiari e personali dello straniero destinatario della misura.
L’espulsione come misura alternativa alla detenzione
Ai sensi dell’art. 16, comma 5, del D.Lgs. n. 286/1998, l’espulsione dello straniero non appartenente all’Unione europea, identificato, irregolare e condannato a una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni per reati non ostativi, costituisce una misura di carattere amministrativo.
Tale disposizione si inserisce nel più ampio contesto delle politiche di deflazione carceraria, finalizzate a ridurre la popolazione detenuta e a favorire con un certo margine di sicurezza l’immediato rimpatrio degli stranieri che non abbiano titolo a permanere nel territorio dello Stato.
Ciononostante, la misura espulsiva non viene disposta nei confronti di soggetti già ammessi a misure alternative alla detenzione, salvo il caso in cui essi usufruiscano unicamente di benefici come il lavoro esterno o i permessi premio (Cass. Pen., Sez. I, 18 ottobre 2016, n. 44143).
Il bilanciamento tra sicurezza pubblica e tutela della vita privata
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’espulsione non si applica in automatico, ma deve essere oggetto di un rigoroso scrutinio da parte del giudice, il quale è tenuto a valutare se la misura possa compromettere in modo sproporzionato la vita privata e familiare dello straniero.
Nello specifico, il giudice deve effettuare un esame comparativo tra la condizione individuale del destinatario e gli altri criteri di valutazione indicati dall’art. 133 c.p., tra cui la sua capacità a delinquere.
Tale valutazione deve avvenire in un’ottica di bilanciamento tra l’interesse collettivo alla sicurezza e l’interesse individuale alla protezione della propria sfera personale, anche qualora i familiari del soggetto non siano cittadini italiani (Cass. Pen., Sez. III, 14 marzo 2023, n. 10749).
L’evoluzione normativa e l’applicazione della CEDU
Con l’emanazione del d.l. 10 marzo 2023, n. 20, convertito dalla legge 5 maggio 2023, n. 50, è stato modificato l’art. 19, comma 1.1, del D.Lgs. n. 286/1998, eliminando alcune disposizioni precedenti.
C’è comunque da mettere in evidenza che, la giurisprudenza ha chiarito che, sebbene poste in essere tali modifiche, il divieto di espulsione permane qualora la misura si traduca in un’ingerenza sproporzionata nella vita privata e familiare dell’interessato, in violazione dell’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Cass. Pen., Sez. IV, 26 novembre 2024, n. 43082).
La normativa italiana, non a caso, non ha smesso di fornire la protezione dello straniero nei casi in cui l’espulsione possa comportare la violazione di obblighi costituzionali o internazionali assunti dallo Stato italiano. Ciò implica che il giudice deve sempre valutare la conformità della misura espulsiva ai principi della CEDU, la quale rappresenta un parametro di riferimento imprescindibile per la tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento nazionale.
La decisione della Cassazione: il caso concreto
Nel caso oggetto della sentenza n. 7254/2025, la Suprema Corte ha confermato l’espulsione dello straniero, ritenendo che la sua capacità a delinquere fosse prevalente rispetto all’interesse alla tutela della sua vita familiare e personale.
Ed in effetti i giudici di merito hanno accertato che il destinatario del provvedimento non conviveva con familiari residenti in Italia, non si trovava in condizioni di salute tali da giustificare la permanenza nel Paese e non aveva allegato elementi rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale.
La disciplina dell’espulsione dello straniero si configura come un delicato equilibrio tra l’esigenza di dare maggiore garanzia circa la sicurezza pubblica e il rispetto dei diritti fondamentali dell’individuo.
La giurisprudenza ha ribadito l’obbligo del giudice di verificare caso per caso l’eventuale lesione del diritto alla vita privata e familiare dello straniero, conformemente agli standard di tutela sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
L’applicazione di tale principio, come evidenziato dalla sentenza in esame, impone un’analisi approfondita delle condizioni personali del soggetto, allo scopo di garantire che la misura espulsiva non si traduca in un pregiudizio eccessivo e ingiustificato rispetto ai suoi diritti fondamentali.
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